Giovanni Vanoli
Giovanni Vanoli nasce il 1° luglio 1905 a Brignano Gera d’Adda (Bergamo) da Angelo e Francesca, terzo di cinque figli (Giovanna, Luigia, che sarebbe diventata anch’essa una valente partigiana, Bambina, Battista). Intorno ai 10-11 anni comincia a lavorare con alcuni concittadini che lo portano con loro in val d’Ossola per apprendere il mestiere dell’edile. Negli anni dell’ascesa al potere di Mussolini, sviluppa una forte coscienza antifascista: abbracciate dapprima le idee socialiste, nel 1921, con la scissione e la nascita del PCI, non esita a iscriversi immediatamente al partito fondato da Antonio Gramsci.
È proprio in quegli anni che, colto per strada a cantare canzoni “sovversive”, viene arrestato e tradotto nella prigione di Novara, dove, dopo due giorni di detenzione, viene liberato grazie all’intervento della sorella maggiore Giovanna, residente allora nella città piemontese. Nel 1930 si sposa con Angelina Marta, conosciuta a Treviglio come “la mora di Batai” (la mora della cascina Battaglia). In successione alla coppia nascono Carlo (1932), Bruna (1933) e Welda (1934). Dipendente presso l’impresa edile Centini, il cui proprietario è al corrente delle sue idee politiche, Giovanni lavora prevalentemente a Milano e copre quotidianamente il percorso da Brignano alla città in bicicletta, finché nel 1934 la famiglia si trasferisce a Cernusco, dapprima in via Carolina Balconi, nella curt di Pisatt, e quindi in via Uboldo angolo via Leonardo da Vinci. Prestare la propria maestranza per una piccola impresa mette Giovanni al riparo dal prendere la tessera fascista e gli consente di svolgere l’attività di muratore anche presso famiglie ebree residenti a Milano, dove entra tra l’altro in contatto con ambienti socialisti e con i compagni di via Padova.
La guerra e la Resistenza
Allo scoppio della guerra, Giovanni continua a lavorare per Centini, che gli concede una certa autonomia d’azione, ma la scarsità di cibo e i sequestri nazisti rendono difficile reperire i generi alimentari di prima necessità. Rimasto in contatto con la sua famiglia d’origine, Giovanni si reca sovente a far rifornimento di farina e patate a Brignano, ma la sua azione non sempre va a buon fine: quando viene fermato dal dazio di Cassano, viene privato dai fascisti delle scorte faticosamente trasportate in bicicletta, acuendo il senso di ingiustizia e l’insofferenza verso le prepotenze perpetrate dal regime. Nel marzo 1943, mentre una serie di scioperi, i primi dall’avvento di Mussolini, paralizzano le grandi industrie di Piemonte e Lombardia, Giovanni fa opera di volantinaggio tra Brignano, Cernusco e Milano, in costante contatto con i compagni di via Padova, che lo riforniscono del materiale da distribuire. Il 25 luglio, il giorno in cui Mussolini viene esautorato del potere dal re Vittorio Emanuele III, che affida il governo al maresciallo Badoglio, è tra coloro che entrano nel municipio di Cernusco per demolire la statua del Duce e le insegne fasciste. Nel pomeriggio viene raggiunto dai compagni di via Padova, che gli raccontano della sollevazione popolare in atto a Milano, dove i negozi dei fascisti vengono presi d’assalto e distrutti dalla gente letteralmente inferocita. Dopo l’8 settembre 1943, insieme ad Ambrogio Mattavelli e Giovanni Spinazzi, entra nel cinema comunale di Cernusco, allora occupato da militari, e requisisce otto fucili e diverse baionette, che vengono ritirate dai compagni di via Padova per evitare soffiate da parte di spie che avrebbero così facilmente potuto incastrare i partigiani. Nel frattempo la rete clandestina dei combattenti antifascisti si allarga, diventando sempre più capillare: si moltiplicano i contatti con i compagni di Sant’Agata, Carugate, Vimodrone, Brugherio. Le riunioni clandestine tra i cernuschesi si tengono una volta alla settimana nella trattoria di piazza Gavazzi angolo via Bourdillon di proprietà del fratello del Milin calzolaio, mentre in casa del Mattavelli ci si riunisce di notte per ascoltare radio Londra. Nel 1944, con la nascita della 105a Brigata Garibaldi SAP Fiume Adda, Giovanni assume l’incarico di commissario politico del VII distaccamento. Si dà da fare per raccogliere fondi e rastrellare armi, che in parte trattiene per la brigata e in parte spedisce in montagna. Numerose sono le azioni di sabotaggio portate dalla 105a soprattutto lungo la Strada Statale dove passano colonne tedesche che trasportano in Germania macchinari italiani. Nel frattempo, le presenze di Giovanni in famiglia si diradano: i figli lo vedono piombare in casa all’improvviso, ne notano la circospezione, i travestimenti, i baffi fittizi, e all’improvviso lo vedono sparire per giorni, talora per settimane. I rischi per lui e la famiglia aumentano in seguito all’occupazione tedesca e alle rappresaglie utilizzate da nazisti e fascisti per cercare di incutere timore nella popolazione e indurla alla sottomissione o alla delazione. Il 10 agosto 1944 Giovanni piange il compagno Libero Temolo, conosciuto tramite gli amici di via Padova, che è tra i 15 prelevati dal carcere di San Vittore e trucidati in piazzale Loreto dai militi della Muti. Nel marzo 1945, in seguito all’arresto da parte della Muti di un componente della 105a, Albino Oretti, vittima di una delazione, Giovanni, per non rischiare la fucilazione, è costretto a lasciare la famiglia e la propria abitazione e a nascondersi nello scantinato di un palazzo di Milano, dove rimane per circa un mese. È ormai a tutti gli effetti un clandestino, braccato dalla Muti che, per scovarlo, non esita a irrompere in piena notte in casa Vanoli, provocando grande spavento nella moglie e nei figli piccoli.
La Liberazione e il dopoguerra
Finalmente il 25 aprile 1945 porta la Liberazione dal nazifascismo e una rinnovata libertà. Il 26 aprile, il giorno dopo la Liberazione di Milano, il Vanoli fa parte della delegazione a cui il Comando tedesco consegna le armi, arrendendosi. Nei giorni seguenti proseguono gli attacchi e i rastrellamenti di colonne tedesche e fasciste, ma a Cernusco non si procede ad alcuna rappresaglia nei confronti di coloro che hanno appoggiato i fascisti. Con l’insediamento del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) in funzione di Giunta nel Comune (27 aprile), Giovanni rappresenta il PCI insieme ad Angelo Tornielli ed entra a far parte della commissione ECA (Ente Comunale di Assistenza) e della commissione di epurazione. Nel dopoguerra si divide tra famiglia, lavoro e militanza politica. Dopo aver lavorato alla Breda come colatore di ghisa agli alti forni, nel 1948-49 si mette in proprio, creando la Giovanni Vanoli costruzioni edili. Nel febbraio 1947, insieme a Luigi Cambiaghi (segretario), Mario Pastore (amministratore) e Attilio Melzi (organizzatore), è tra i fondatori dell’ANPI di Cernusco con l’incarico alla propaganda. L’ANPI per Giovanni diventa una seconda famiglia, a cui si dedica parallelamente all’impegno profuso per il Partito. Passano gli anni, ma le sue convinzioni politiche rimangono salde e precise, i suoi ideali gli stessi che lo hanno portato ad abbracciare la lotta antifascista: sete di giustizia, amore per la libertà, senso della dignità, dell’onestà, della limpidezza.
In casa Vanoli non manca mai «l’Unità», che Giovanni legge al tavolo della sala, accanto alla finestra, alle spalle una stampa con i volti dei sette fratelli Cervi e numerose onorificenze partigiane. Giovanni ama discutere di politica, i suoi giudizi non sono mai neutri o diplomatici, come chi è consapevole che non si può essere nelle corde di tutti, ma quando il discorso cade sugli anni della lotta partigiana, il suo sguardo si fa cupo, serio: per i più giovani lui è un eroe, ma Giovanni rifugge le etichette e la retorica. Forse avrebbe preferito tenere quegli anni di matura gioventù per sé, per la moglie, per i figli. Anche perché il Partito si è ormai dissolto e all’orizzonte della scena politica italiana si affaccia una nuova realtà presaga di vecchi fantasmi mai morti che fa tramontare anche quelle residue speranze a cui Giovanni è rimasto aggrappato fino alla fine. Giovanni si spegne il 17 gennaio 1994.
Giovanna Perego
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