Ennio Sala
Alcuni vedono le cose come sono e chiedono “perché?”
Io sogno cose non ancora esistite e mi chiedo “perché no?”
Ci è caro rammentare a tutti coloro che lo conobbero nostro padre, Ennio Sala, un uomo estroso, ironico, simpatico: reputiamo altrettanto doveroso presentarlo a coloro che non lo conobbero, perché sappiano che ci si può distaccare da un passato di sofferenza solo se, nel presente, si lavora sull’immagine del futuro che si vuole costruire. Ennio Sala nasce a Milano il 23 febbraio 1925: la madre Ciceri Maria, casalinga, il padre, Giacinto, agricoltore. Dopo sette anni nasce la sorellina Pinuccia, che lui, abbreviando, chiama Pia e dopo la prigionia,
scherzosamente Schwestera. A 11 anni rimane orfano di padre. Come studente frequenta, in varie tappe, l’Istituto Gonzaga, il collegio Cazzulani, l’Istituto Leone XIII. E’ attratto dalle discipline classiche, legge, scrive, primeggia in italiano con temi elogiati dai professori. Adora le montagne: le Dolomiti Gardenesi diventano per lui palestra di roccia per scalate impegnative con le guide locali. Nello zaino al ritorno sempre un “sasso” carpito alla vetta. Lo scoppio della seconda guerra mondiale lo coglie adolescente in fuga dalla città ferita dai bombardamenti. Con mamma e sorella sfolla a Cernusco sul Naviglio, ospite degli zii. In paese intreccia, con successo, nuove amicizie e amplifica i suoi interessi. Si sente libero come il vento, ha sogni in tasca, progetti in testa, voglia di vivere e di agire. L’armistizio dell’8 settembre 1943 spacca in due l’Italia geograficamente e idealmente: sorgono schieramenti opposti. Estraneo ad ogni serio schieramento politico il 18 dicembre 1943 è arrestato con 5 amici da un commando della Feldpolizei. L’accusa è pesante: contatti con gruppi partigiani operanti in zona. Subisce per due mesi il carcere di San Vittore a Milano nel famigerato 6° raggio riservato ai prigionieri politici pericolosissimi: la famiglia saprà solo ai primi di marzo della sua partenza per un campo di concentramento tedesco. Grazie alle testimonianze dei sopravvissuti si può datare il giorno: 4 marzo, il luogo: stazione centrale di Milano, il mezzo: convoglio militare, il binario: il n. 21, conservato tutt’ora Ad Memoriam, la destinazione: campo di Mauthausen e successivi Ebensee e Melk. Parlare di come visse, di quanto patì rischia di fare della retorica. Il genocidio si consumò fino al maggio 1945, quando l’arrivo degli americani nei lager fa conoscere a tutto il mondo la realtà della folle persecuzione. I soccorsi sono immediati, ma è difficile e pericoloso riattivare organi che hanno dimenticato, per inattività, ogni funzione vitale. Ennio è in condizioni pietose, pesa 30 kg, ma ha deciso di continuare a vivere e da quell’istante tutto il suo essere si orienta verso questa realizzazione. La sua inossidabile fiducia nel “Valore meraviglioso della Vita” fa sì che essa entri amichevolmente nelle sue difficoltà per dargli una mano. L’alimentazione va graduata: le prime calorie sono zollette di zucchero che si sciolgono in bocca, poi pezzetti di cioccolato. Con la Croce Rossa dall’Austria viene portato a Bolzano e viene rintracciata la famiglia; su mezzi di fortuna, poiché la linea ferroviaria del Brennero è interrotta, lo raggiungono la zia Ausonia e il cugino Gian Cesare. Lo portano a Milano, in corso di Porta Nuova 8: nel rivederlo si alternano gioia e dolore. Anche lo scrittore Riccardo Bacchelli, amico e vicino di casa, persona schiva e riservata gli va incontro e lo abbraccia commosso. Ha febbre alta e tosse: lo zio medico gli prescrive esami purtroppo positivi al bacillo di Koch. Hanno così inizio le lunghe degenze prima nel sanatorio di Cuasso al Monte, poi a Sondalo dove subisce il taglio frenico al polmone più malandato. Guarisce, è in piedi, riaccende i fari, via! Lavora, si trasferisce a Cernusco e qui vive una parentesi felice come marito, padre, uomo. Si crea nuovi interessi in onda con le sue necessità, vive il suo tempo e riesce a non congelare entusiasmo e voglia di vivere. Non può salire sulle vette? Le guarda dal basso passeggiando. Ama andare a pescare con gli amici anche se può percorrere solo brevi tratti di fiume. Nel suo giardino pianta alberi, rose, c’è spazio anche per un piccolo orto e un pollaio, si prende un cane e si rifugia totalmente negli affetti familiari. Dalle remote cicatrici sorgono problemi respiratori, inevitabili i frequenti ricoveri nell’ospedale di Cernusco e poi di Melzo: vive ora in simbiosi con la bombola dell’ossigeno che, se lo limita nell’operare, lo lascia libero nel pensare.
Muore il 15 marzo 1993.
Ciao papà, riposa in pace. I tuoi figli Renata e Tiziano
Un grazie all’aiuto e alla preziosa testimonianza della zia Pinuccia, amatissima sorella di nostro padre.
Tiziano Sala
Materiale disponibile
Biografia [.pdf]
Video: Intervista a Tiziano Sala, figlio di Ennio