Antonio Benelli
Antonio Benelli nasce a Sergnano (Cremona) il 4 maggio 1905. Chiamato alle armi l’8 giugno 1925, in fanteria, viene mandato in congedo anticipato nell’agosto 1926 col grado di caporale mitragliere. Richiamato alle armi nel marzo 1939, viene dispensato nell’aprile successivo e ricollocato in congedo illimitato. Nel frattempo Antonio, operaio in una impresa di Milano, si è trasferito a Cernusco, in via Cavour 5, dove abita con la moglie Caterina Mazzucchi e i tre figli, Luciano, Mariangela e Giacomina. Nell’ottobre 1943 lascia Cernusco per andare a combattere, da partigiano, presso la N. 1 Special Force, un’unità del SOE-SOM (Special Operatios Executive – Special Operations Mediterranean) delle Forze armate britanniche. Il SOE è un corpo militare autonomo e volontario creato durante la seconda guerra mondiale con lo scopo di operare clandestinamente in territorio nemico abitato da popolazione almeno in parte amica. In Italia, fino a quel momento esclusa dalle operazioni del SOE, nell’ottobre 1943 arriva un’unità, la N. 1 Special Force, che si stanzia in Puglia, dove viene installata una base per organizzare operazioni nelle zone occupate dai nazifascisti, dando supporto alla resistenza armata al fine di potenziarla e ottenere la cooperazione per azioni di guerriglia e sabotaggio. Le missioni della N. 1 Special Force, al comando del colonnello Hewitt, sono composte da 217 militari britannici integrati da volontari italiani, tra cui, appunto, Antonio Benelli. Dell’ultima sua missione, la terza, troviamo notizia nel testo memorialistico Partigiani penne nere scritto da Enrico Martini, il mitico Mauri comandante della brigata partigiana autonoma 1° Gruppo Divisioni Alpine nell’Alto Monferrato. Mauri ricorda quando, il 3 agosto 1944, Benelli, nome di battaglia Antonio guastatore o Antonio paracadutista, viene paracadutato nelle sue formazioni in qualità di istruttore di sabotaggio insieme ad altri tre componenti: Mimmo Antonelli, capo missione, Giorgio, radiotelegrafista, e Mario, altro sabotatore. Così viene descritto:
«Mando al capitano Tino il paracadustista Antonio perché addestri i guastatori della nuova divisione. Antonio arriva da Agliano con la faccia ricoperta di bende, perché una notte, non ricordandosi più di aver fatto saltare il ponte a Rocchetta Belbo, vi si è inoltrato a tutta velocità in bicicletta e ha fatto un volo che gli è costato la rottura della mandibola. […] Antonio fa l’addestratore in un modo tutto suo particolare. Fa volteggiare sul naso degli allievi i suoi ordigni esplosivi e se qualcuno ha ancora la forza di distrarsi gli fa fischiare a un dito dall’orecchio un colpo di pistola. Il corso è eminentemente pratico e Antonio insegna praticamente l’uso delle matite e degli altri aggeggi che esplodono a tempo.»
Mauri nelle sue pagine racconta anche il tragico incidente in cui il 20 novembre 1944 Antonio perde la vita, insieme ad altri sette partigiani, a causa dello scoppio accidentale di una granata. Il feroce rastrellamento nazifascista in corso da ottobre nell’Alto Monferrato impedisce le esequie, che avverranno a liberazione avvenuta. Una lapide posta ad Agliano d’Asti ricorda i nomi degli otto caduti: Antonio-Antonio Benelli, Kyra-Arturo Daidola, Edo-Vittorio Amato, Tigre-Giuseppe Ghignone, Nello-Giuseppe Gullo, Romeo-Giuseppe Imerito, Veli-Giovanni Martinengo, Gino-Virginio Coppo.
Il 23 aprile 1947 ad Antonio Benelli viene concessa la Medaglia d’argento alla memoria al Valor militare.
Il 2 gennaio 1949 la salma viene traslata dal cimitero di Nizza Monferrato a quello di Cernusco sul Naviglio.
Antonio Benelli, grazie all’egregio lavoro di ricerca del professore e storico Giorgio Perego, viene rinvenuto anche nelle pagine de Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio. Nella finzione letteraria Antonio “il sabotatore” compare tra le formazioni garibaldine, dove è stato inviato per compiere azioni di sabotaggio, nei capitoli IX, X, XVI.
Capitolo IX. Nell’episodio della cattura fortuita da parte dei partigiani garibaldini di quattro soldati il commissario dice ai compagni:
«Ora è facile prevedere gli eventi. Io conosco i maledetti tedeschi. Maledetti sì ma non mollano mai i loro uomini. Una voce nuova disse: – È verissimo, i tedeschi non si mollano mai – Johnny si voltò e si vide di fronte un nuovo, un trentenne supercilious; con spessi soffici baffi di foggia e colore inglese, distintamente in borghese e senza la minima traccia di partigianato. Johnny notò che stava attaccato ai capi ed evitava accuratamente di trovarsi immischiato ai semplici, parlava con una molle, compiaciuta cadenza lombarda, ma i suoi occhi avevano lampi metallici. Il maresciallo Mario informò che si trattava di Antonio, Antonio il sabotatore. Alla qualificazione Johnny e gli altri ruotarono di nuovo verso lui, come a cercargli e scoprirgli indosso gli emblemi ed i carismi della sua specializzazione. – Dev’essere un elemento di primissimo ordine, – bisbigliava il maresciallo. – Ha portato due valige piene di strumenti per il suo lavoro. E belle valige -, Antonio il sabotatore sapeva che parlavano di lui e incrociò a mezza distanza, fluttering in his strict-contained airs».
Capitolo X. Mentre i tedeschi stanno attaccando i partigiani per liberare i loro commilitoni, Fenoglio scrive:
«Il Biondo dava consigli di calma e freddezza, di tempo a josa, i tedeschi non avrebbero certamente attaccato nottetempo. – È vero, – disse Antonio, il sabotatore. – I tedeschi non attaccano mai di notte, in questo sono come i pellirosse -. Era distinto, gelido, didattico. – Antonio, tu sabotatore, sei arrivato al momento giusto. Sabota tutto il sabotabile -. E Antonio andò a sabotare i camions».
Capitolo XVI. Tra le pagine più intense de Il partigiano Johnny, Fenoglio rievoca l’incidente di Agliano d’Asti, che causò la morte di Antonio Benelli e di altri sette partigiani. Nella finzione letteraria Fenoglio fa accadere l’incidente a Mango, le vittime sono sei e l’episodio è temporalmente collocato prima della presa di Alba (10 ottobre 1944). Sono invece fedeli al vero la causa dell’incidente, avvenuto durante le prove di un nuovo lanciagranate, e la morte di Kyra (Arturo Daidola).
Da Perego Giorgio, Cernuschesi partigiani della montagna. Il nostro Antonio Benelli nelle pagine di Beppe Fenoglio