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Eccidio di Marzabotto – monumento in memoria

Cernusco volle ricordare la strage di Marzabotto con un monumento deliberato il 21 ottobre 1976 da un documento firmato dal sindaco di allora Farina, dall’assessore Sirtori e dai consiglieri Colombo, Brambilla, Spinelli e Trabattoni e commissionato allo scultore Andrea Cascella (1919-1990). L’opera, voluta per commemorare le vittime dell’eccidio nazifascista ma soprattutto per scolpire lo spirito antifascista del nostro Comune, venne situata dapprima di fianco al plesso scolastico di via Buonarroti, dove fu inaugurata il 25 aprile del 1980, e quindi fu trasferita nel 2010 alla rotonda di via Verdi.

 

L’eccidio di Marzabotto

L’eccidio di Marzabotto del 29 settembre 1944 fu la tragica tappa finale di una «marcia della morte» che, per ordine del maresciallo Kesselring, Walter Reder, maggiore delle SS soprannominato «il monco», iniziò il 12 agosto e che dalla Versilia lo portò nel Bolognese. Reder, al comando del 16° Panzergrenadier «Reichsfuhrer», lascerà dietro di sé una scia insanguinata di tremila corpi straziati (per lo più donne, vecchi e bambini), fiancheggiato da elementi delle Brigate nere di Carrara e da collaborazionisti in camicia nera.
Alla fine di settembre «il monco», spintosi in Emilia ai piedi del monte Sole, dove si trovava la brigata partigiana «Stella Rossa», compì in tre giorni la più tremenda delle sue rappresaglie. In località Caviglia i nazisti irruppero nella chiesa dove don Ubaldo Marchioni aveva radunato i fedeli per recitare il rosario. Furono tutti sterminati a colpi di mitraglia e bombe a mano. Nella frazione di Castellano fu uccisa una donna coi suoi sette figli, a Tagliadazza furono fucilati undici donne e otto bambini, a Caprara vennero rastrellati e uccisi 108 abitanti, compresa l’intera famiglia di Antonio Tonelli (15 componenti di cui 10 bambini).
A Marzabotto furono anche distrutti 800 appartamenti, una cartiera, un risificio, quindici strade, sette ponti, cinque scuole, undici cimiteri, nove chiese e cinque oratori. Prima di andarsene Reder fece disseminare il territorio di mine che continuarono a uccidere fino al 1966, aggiungendo al tragico bilancio altri 55 morti. Complessivamente, le vittime di Marzabotto, Grizzano e Vado di Monzuno furono 1.830. Fra i caduti, 95 avevano meno di sedici anni, 110 ne avevano meno di dieci, 22 meno di due anni, 8 di un anno e quindici meno di un anno. Il più giovane si chiamava Walter Cardi: era nato da due settimane.

Dopo la Liberazione Reder, fuggito in Baviera, fu catturato dagli americani. Estradato in Italia, processato dal Tribunale militare di Bologna, fu condannato all’ergastolo. Dopo molti anni trascorsi nel penitenziario di Gaeta, fu graziato per intercessione del governo austriaco. Morì poco dopo in Austria senza mai essere sfiorato dall’ombra del rimorso.