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Antonio Castoldi – operaio e partigiano

Il 25 luglio del 1943 il Gran Consiglio del fascismo destituì e arrestò Benito Mussolini. L’8 settembre il generale Pietro Badoglio, subentrato a Mussolini, rese noto l’armistizio firmato con le forze anglo-americane. Il re Vittorio Emanuele III e tutto lo Stato Maggiore dell’esercito fuggirono, lasciando l’esercito e il Paese alla sbando. I partiti antifascisti, costituitisi nel CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), iniziarono a organizzare quella che sarebbe diventata la Resistenza di massa. Le battaglie dei gruppi partigiani contro l’occupazione tedesca e il risorto fascismo si saldarono con le lotte politico-rivendicative dei lavoratori: cominciati già nel marzo 1943, gli scioperi raggiunsero il culmine nel marzo del 1944. Vi presero parte più di un milione di lavoratori, nelle grandi fabbriche del triangolo industriale Genova-Milano-Torino, ma ben presto si diffusero anche in altre regioni, come l’Emilia, la Toscana e le Marche.

Gli scioperi ebbero un carattere rivendicativo per ottenere migliori condizioni retributive e di lavoro, ma nel corso del tempo assunsero anche un ruolo politico di opposizione all’occupazione tedesca. In molte fabbriche si produceva materiale bellico. Gli scioperi vennero considerati per questo dai nazisti veri e propri sabotaggi e come tali vennero puniti. Si scatenò una dura repressione con l’arresto e la deportazione di migliaia di lavoratori nei lager.

Antonio Castoldi con la moglie Dina Pombi

Tra i nostri concittadini che subirono tale sorte per aver partecipato agli scioperi vi fu Antonio Castoldi, classe 1914, domiciliato in via Pietro da Cernusco, 1. Operaio alla Pirelli, la mattina del 24 marzo 1943 sul posto di lavoro aveva trovato un pacco di fogli de l’Unità con una nota che lo invitava a diffonderli nel suo reparto. I giornali erano stati lasciati da un collega di lavoro comunista, con il quale Castoldi aveva da qualche tempo cominciato a condividere le analisi politiche sulla situazione del Paese, e contenevano rivendicazioni di aumenti salariali, di aumento della razione base di viveri e la proclamazione dello sciopero. Il 25 marzo un messo comunale e il maresciallo dei carabinieri si presentarono a casa di Castoldi con un mandato di cattura. A 28 anni lasciava la moglie e due figli piccoli.

Portato al carcere di San Vittore con altri 18 compagni, vi rimase per tre mesi. Il processo, militare e a porte chiuse, si tenne a Milano e durò una settimana. Dei 19 operai della Pirelli arrestati, solo due vennero condannati, tra cui Castoldi, che ebbe la pena di un anno e tre mesi di reclusione. Le prove della colpevolezza erano basate sulle testimonianze di un ingegnere e di un operaio della Pirelli. Scontata parzialmente la pena, quando uscì dal carcere ebbe vita difficile alla Pirelli. Abbandonò il lavoro e visse di espedienti cercando di sfuggire alla persecuzione fascista. Entrato nella 107a Brigata Garibaldi “Libero Temolo” (assistente della Pirelli fucilato a piazzale Loreto il 10 agosto 1944), Antonio fu protagonista dell’insurrezione armata e della liberazione di Sesto San Giovanni.